Onorevoli Colleghi! - La conservazione delle cellule derivanti dal cordone ombelicale è una questione da affrontare in modo equilibrato poiché coinvolge aspetti di rilevante portata etica e giuridica, oltre che di natura scientifica.
      Aspettative che provengono dalla società civile e istanze sollevate dalla comunità scientifica devono trovare risposte precise nella legge perché dalla certezza del quadro normativo dipendono la sicurezza e la bontà di un settore per molti versi assai delicato nella misura in cui convergono la speranza di cura collegata all'utilizzo delle cellule cordonali e il ruolo di coloro che su di esse svolgono attività medica e di ricerca, in una specialità, peraltro, in continua evoluzione.
      Su queste premesse si fonda la presente proposta di legge che pone al centro l'esigenza di tutelare la donna che decide di avvalersi delle tecniche di conservazione del proprio cordone ombelicale.
      Lungi dalle ordinanze del Ministero della salute succedutesi dal 2002 ad oggi, e caratterizzate dal profilo dell'urgenza come attestato anche dal titolo rubrica «Misure urgenti in materia di cellule staminali da cordone ombelicale», è necessario superare la temporaneità della normazione per affidare al dibattito parlamentare la disciplina di un settore sul quale troppo spesso si sono

 

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ingenerati equivoci, strumentalizzazioni e disinformazione.
      L'occasione del passaggio parlamentare è vieppiù giustificata dalla necessità di armonizzare la nostra legislazione ai princìpi enunciati dalle direttive comunitarie che richiamano, per le attività riguardanti i tessuti e le cellule umani, l'esigenza di conformarsi ad elevati standard di qualità e di sicurezza, così da garantire adeguati livelli di protezione della salute umana. E in tale direzione sono declinate una serie di prescrizioni in materia di sicurezza delle procedure di donazione, di lavorazione e di stoccaggio dei tessuti; di accreditamento degli istituti preposti alle citate attività, senza peraltro specificarne la natura giuridica; di rintracciabilità dei tessuti, di controlli sulle attività, di tutela della riservatezza dei soggetti interessati.
      In linea con l'obiettivo di tutelare il paziente, la presente proposta di legge intende codificare i presìdi necessari a disciplinare l'attività di conservazione del sangue cordonale da parte dei centri privati allo scopo autorizzati.
      Allo stato operano in Italia solo 15 centri pubblici, un quarto dei quali situati nel Mezzogiorno, alimentando anche in questo settore una forte disparità territoriale rispetto al centro-nord. È un dato di fatto che le banche esistenti non riescono a garantire la copertura di tutte le unità cordonali che servirebbero in Italia, ove, al contrario, si stima un fabbisogno di circa 100.000 donazioni.
      Di sangue placentare vi è bisogno per la cura di alcune malattie, dalla leucemia all'anemia mediterranea, e per scopi di ricerca. Se questi sono i bisogni è chiaro che in una materia in rapida evoluzione tecnica, come quella delle biobanche, si debba procedere a fissare i princìpi che indirizzano i comportamenti di chi le gestisce così come di coloro che ne sono utenti.
      In tali premesse, e nell'esigenza di garantire adeguati livelli di protezione della salute, la disciplina dei centri privati per la conservazione del sangue cordonale deve essere rigorosa, fondata su uno stringente regime autorizzatorio e su un costante sistema di controlli al fine di assicurare l'esercizio dell'attività in conformità alla legge.
      La presente proposta di legge muove dall'intento di garantire la libertà di scelta della donna di tenere per sé o per i suoi consanguinei il proprio cordone, oppure di destinarlo a terzi o per scopi di ricerca a mezzo di un atto personalissimo frutto di un'intima e serena maturazione.
      La disciplina dei centri privati si spiega su tre pilastri fondamentali.
      L'esercizio dei centri deve essere autorizzato dal Ministero della salute subordinatamente alla sussistenza di specifici requisiti volti a garantire la professionalità dei responsabili, la bontà dei procedimenti di prelievo e di conservazione delle unità cordonali, nonché la tutela dei dati personali delle utenti. La previsione di un apposito regime di controlli e di certificazioni periodiche sulle attività vuole garantire, poi, il costante rispetto delle norme che regolano l'esercizio delle medesime attività.
      L'aspetto informativo dell'attività dei centri, a mezzo della previsione dei contenuti della pubblicità e di un sistema di comunicazioni obbligatorie al Ministero della salute, costituisce il secondo pilastro della regolamentazione al fine di assicurare che la scelta della donna sia realmente libera, non suggestionata da dati ambigui, false speranze e immagini suggestive che possano incidere sulla serena determinazione, abusando dei naturali sentimenti in un momento assai delicato della vita, quale è quello del parto.
      Il terzo ambito caratterizzante è dato dall'istituzione, presso il Ministero della salute, di un registro con la funzione di raccogliere le informazioni sulle unità cordonali conservate, ma anche di agevolare la circolazione, ovviamente rigorosamente motivata, delle stesse in merito alla sussistenza di unità da utilizzare a scopo allogenico o di ricerca, in definitiva corrispondendo all'obiettivo di contribuire a fare della conservazione del sangue cordonale un veicolo a scopo solidaristico.
      Su questi presupposti poggia la presente proposta di legge nel suo complesso,
 

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nell'intento di favorire la maturazione nelle donne della cultura della donazione perché anche dalle biobanche può nascere uno stimolo «alla solidarietà tra i gruppi e tra generazioni», per usare una felice espressione resa dal Comitato nazionale per la bioetica.
      La presente proposta di legge si compone di sei articoli.
      L'articolo 1 enuncia le finalità della legge, che intende disciplinare la raccolta e la conservazione del sangue cordonale per uso autologo e solidale presso centri privati autorizzati.
      Gli articoli 2 e 3 disciplinano il regime di autorizzazione cui è vincolata l'attività dei centri e le condizioni di esercizio degli stessi, a partire dalla rigorosa regolamentazione delle informazioni da dare al pubblico.
      L'articolo 4 stabilisce le modalità del consenso che le donne possono prestare all'utilizzo del sangue cordonale da parte di terzi.
      L'articolo 5 prevede l'istituzione di un Registro nazionale, presso il Ministero della salute, nel quale devono essere annotate le informazioni relative alla conservazione delle unità cordonali e all'utilizzazione delle stesse, previa istanza motivata, da parte dei centri trapianto o degli istituti di ricerca.
      L'articolo 6, infine, prevede la copertura finanziaria dei costi derivanti dall'attuazione della legge.
 

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